La storia
Gli Istituti Autonomi per le Case Popolari, ora denominati ATER nella Regione del Veneto, hanno avuto avvio con la prima legge promulgata in Italia per facilitare la costruzione di case popolari (la legge n. 251 del 31.5.1903 per iniziativa dell’On Luigi Luzzatti).
Il provvedimento si inseriva nel quadro di una politica sociale che, al principio del secolo, diffuse in Italia forme nuove di enti economici e l’intervento dello Stato a beneficio dei ceti popolari, senza trascurare l’effetto indotto sia su scala più propriamente sociale, sia come fattore di sviluppo economico.
Si voleva, con tale dispositivo, trasformare e migliorare le condizioni di vita delle popolazioni, soprattutto dei ceti meno abbienti, applicando nel rapporto sociale il principio della solidarietà, informato a precise esigenze di giustizia distributiva.
Nacque in quei giorni l’I.A.C.P. di Roma, preceduto solamente da quello di Trieste, fondato nel 1902 su iniziativa dei Consiglio Comunale e della Cassa di Risparmio di quella città.
All’inizio l’intervento pubblico nell’edilizia operò attraverso le strutture esistenti, ossia i Comuni (oltre alle Cooperative), che inquadrarono detta attività fra quelle delle nascenti aziende municipalizzate.
Successivamente, con la separazione dei compiti delle aziende municipalizzate da quelli attinenti l’edilizia popolare, i protagonisti della politica edilizia pubblica diventarono gli Enti specificati nel detto T.U. n.1165 del 1938.
Lo Stato concorse per il solo I.A.C.P. di Roma, mentre le Casse di Risparmio limitarono il loro apporto, peraltro relativamente modesto, alle regioni settentrionali.
Gli Istituti Autonomi Case Popolari furono costretti, per sviluppare il proprio programma edilizio, a ricorrere al credito. Tutto ciò non fu di poco conto e finì per pesare in maniera determinante nella vita degli Istituti, se si pensa che dalla tempestività e dalle condizioni di concessione dei finanziamenti dipendevano la realizzazione dei programmi costruttivi e il livello dei canoni di locazione.
La legislazione sull’edilizia economica e popolare trovò il suo perno nel T.U. del 1938, che tuttavia non definì un chiaro e preciso sistema di norme o di poteri relativi alla concessione dei mutui.
Al contrario, il rapporto triangolare fra gli Istituti di Credito (mutuanti), gli I.A.C.P. (mutuatari) e lo Stato (sovventore), non trovò sufficiente coordinamento e automatismo, per cui gli Istituti operarono in una condizione di stretta dipendenza dagli altri due poteri, dalla cui discrezionalità dipese l’intero processo di intervento nell’edilizia popolare.
A partire dal dopoguerra, il sistema di finanziamento dell’edilizia popolare venne parzialmente modificato, in quanto non si basò più unicamente sul ricorso ai credito esterno, poiché lo Stato, l’Ina-Casa e la Gescal concorsero per intero al finanziamento delle costruzioni.
Una prima conseguenza della nuova struttura dell’edilizia pubblica comportò per gli Istituti una sostanziale modificazione dei loro modi di operare, incidendo profondamente anche nell’autonomia delle loro scelte.
Essi non agirono più esclusivamente per conto proprio (e qualche volta per conto e in accordo con i Comuni), ma diventano strumenti di esecuzione e di gestione per conto terzi (Stato, Ina-Casa, Gescal).
Nei rapporti che furono instaurati, gli lstituti si trovarono in posizione subordinata, ed operarono a condizioni non sempre compensative dei costi dei servizi.
Ciò si verificò, e si verifica tuttora, soprattutto per quanto riguarda la gestione degli alloggi: un patrimonio costruito con economia di mezzi che richiede immediati e frequenti interventi manutentori, cui devono far fronte gli I.A.C.P. (ora Aziende nel Veneto), ricorrendo alle proprie risorse.
L’Istituto, ora Azienda, deve infatti provvedere alla manutenzione ordinaria e straordinaria di alloggi costruiti 40-50 anni fa, utilizzando risorse annue inferiori all’1% del costo di costruzione, senza ulteriori finanziamenti.
Come conseguenza gli Istituti che si erano dati adeguate strutture, soprattutto tecniche per far fronte tempestivamente ai compiti assunti, si trovarono, nei periodi di assenza o scarsità di investimenti pubblici, in una situazione di sotto utilizzazione del proprio personale destinato alle costruzioni e alle manutenzioni, con tutte le conseguenze, facili ad immaginarsi, che ciò può determinare nell’equilibrio economico-finanziario dei bilanci.
Si arrivò così agli anni settanta e precisamente al 1971 che segnò un’altra pietra miliare nella storia degli I.A.C.P.
Venne infatti promulgata la Legge 865 (22 ottobre) che di fatto trasformò gli Istituti Case Popolari da Enti Pubblici Economici ad Enti Pubblici non Economici con prevalenza pertanto dell’attività pubblico-assistenziale, ponendo obiettivi importanti su tutta l’edilizia economico-popolare.
Si mise in atto il primo tassello del decentramento burocratico con trasferimento di deleghe alla Regione, che di fatto avvenne con il DPR 616/77.
A seguito dell’emanazione di nuove Leggi e della soppressione di Enti quali Gescal e Incis, il patrimonio fino ad allora costruito fu in parte ceduto agli assegnatari ed in parte trasferito agli I.A.C.P., che divennero gli unici soggetti attuatori dell’edilizia residenziale pubblica.
Agli inizi degli anni 80 si ebbe finalmente la tanto sospirata inversione di tendenza con l’emanazione di alcune leggi, quali la 25/80, la 94/82 e soprattutto con la Legge 457 del 5 Agosto 1978 nota come “Piano Decennale” per l’Edilizia Residenziale che modificò il sistema dei finanziamenti.
Ciò permise un intensificarsi dell’attività costruttiva, alla quale si unì anche quella del recupero, novità assoluta per gli Istituti.
Si giunge così agli anni novanta.
L’attività costruttiva risulta caratterizzata dal proseguimento del piano decennale (legge 67/88), e dal nuovo programma della legge 179/82.
Da segnalare, infine, la Legge 560/93, che consentendo la vendita di una cospicua parte del patrimonio immobiliare degli Enti Pubblici, costituisce la base per un rilancio dell’edilizia residenziale, prevedendo espressamente il reinvestimento dei ricavi per l’incremento e la riqualificazione della stessa.
Dal 1937, anno della sua costituzione, l’I.A.C.P. di Rovigo ha svolto, pur con alterne vicende, una costante attività in un settore di rilevante profilo economico e sociale, con l’obiettivo primario di affrontare, secondo il dettato della legge Luzzati del 1903, \”il non facile problema di avere case per le classi meno abbienti, che siano sane e a buon mercato”.
L’istituto fu costituito nel 1937 ed eretto in Ente Morale con R.D. n. 1828 dei 14.10.1937. Alla costituzione e formazione dei patrimonio iniziale concorsero i quattro maggiori Comuni della provincia (Rovigo, Adria, Badia Polesine, Lendinara) che provvidero al conferimento delle case popolari già dagli stessi costruite (23 fabbricati per 226 alloggi, e 777 vani).
L’attività dell’istituto si è sviluppato in più periodi: nel periodo 1938-45 furono costruiti complessivamente 234 alloggi per complessivi 890 vani; nel periodo 1945-51, oltre alla riparazione dei danni di guerra, fu iniziata ed ultimata la costruzione di altri 506 alloggi; nel periodo 1952-62 (che comprende gli anni della grande alluvione dei Polesine) furono realizzati 3626 alloggi. nel periodo 1962-72, furono realizzate 260 abitazioni destinate alle famiglie trasferite per consentire la ricalibratura degli argini del Po e furono attuati il piano decennale della GESCAL e il piano di costruzioni per lavoratori agricoli dipendenti.
Nel marzo del 1995 l’Istituto si è trasformato in Azienda.
La Regione Veneto, per prima in Italia, ha provveduto a trasformare gli I.A.C.P. in Enti Pubblici Economici dotati di personalità giuridica e di autonomia organizzativa, patrimoniale e contabile, costituendo le Aziende Territoriali per l’Edilizia Residenziale, denominate ATER, con un apposito provvedimento legislativo, la Legge Regionale n.10 del 9 marzo 1995, pubblicata sul B.U.R. n. 23 del 14 marzo 1995.
Con la costituzione delle nuove ATER, economicamente autonome, si supera il ruolo di enti semi-assistenziali svolto in passato.
Le nuove Aziende infatti si configurano come organismi che, anche in assenza di sovvenzioni pubbliche, possano perseguire il loro ruolo fondamentale operando per una più efficace politica della edilizia residenziale.
L’ATER di Rovigo,come indicato nella legge regionale 10/95, ha deliberato lo Statuto, approvato dalla G.R. con provvedimento del 13/2/96, ed ha provveduto ad una profonda ristrutturazione aziendale, adottando una nuova dotazione organica del personale.
Con la Legge regionale n. 39 del 3 novembre 2017, pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Veneto n. 104 del 3 novembre 2017, è stata riformulata la normativa regionale in materia di Edilizia Residenziale Pubblica. Le nuove disposizioni garantiscono una maggiore equità sociale prevedendo l’accesso alle graduatorie per l’assegnazione di alloggi ERP sulla base di strumenti più rappresentativi della situazione economica dei soggetti (utilizzo dell’ISEE, disciplinato dal DPCM n. 159/2013, che consente un’analisi della situazione sia patrimoniale che reddituale). Inoltre, le nuove norme intervengono positivamente sul tasso di rotazione dei beneficiari, garantendo un adeguato ricambio delle famiglie in stato di bisogno nel sistema regionale ERP attraverso la conversione dei contratti a tempo indeterminato in contratti di locazione a termine, rinnovabili solo nel caso di permanenza dei requisiti.
Ultimo aggiornamento
15 Gennaio 2021, 08:32